di Laurent Mauvignier ©Les Editions de Minuit
traduzione Yasmina Melaouah, casa editrice Feltrinelli
regia Roberto Andò
con Vincenzo Pirrotta
costumi Riccardo Cappello
luci Salvo Costa
regista assistente Luca Bargagna
produzione Teatro Stabile di Catania
Roberto Andò, regista cinematografico e teatrale di fama internazionale, porta per la prima volta in Italia il celebre racconto Quel che io chiamo oblio di Laurent Mauvignier, uno degli scrittori francesi più apprezzati dal pubblico e dalla critica. Un lungo monologo capace di restituire, con sguardo disincantato e puro, un universo di “umili” in un crescendo emozionante che risveglia in noi sentimenti di pietà e indignazione.
La storia, quella vera e quella raccontata da Laurent Mauvignier, è molto semplice: un uomo entra in un supermercato all’interno di un grande centro commerciale di una città francese. Ruba una lattina di birra e viene bloccato da quattro addetti alla sicurezza che lo trascinano nel magazzino e lo ammazzano di botte.
Teso quasi allo spasimo nel resoconto minuzioso di una morte assurda, il flusso di parole accoglie tutti i temi cari a Mauvignier e li restituisce in una scrittura rigorosissima capace di raccontare senza retorica, senza furbizia.
Lino Musella dà vita agli immortali versi di Shakespeare, reinterpretati dal poeta napoletano Dario Jacobelli. Uno spettacolo magnetico, intenso e vibrante.
Roberto Latini prosegue la riflessione sulla coscienza del teatro con uno spettacolo decostruito nella sensibilità di un solo attore. PierGiuseppe Di Tanno con indosso una maschera che riproduce un teschio, interpreta tutti e sei i personaggi pirandelliani.
Diretto da Marco Baliani, Stefano Accorsi cavalca il tema dell’amore e delle sue declinazioni in un’inedita ballata in rime ariostesche per il palcoscenico.
Un’intensa partitura per la voce solista di Pierfrancesco Favino. I temi assoluti di Koltès affiorano in un omaggio al mondo degli ultimi, sempre più trasparente nella nostra società.