Archivio / Teatro

Lacci

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Lacci

Torna, dopo il “tutto esaurito” dello scorso anno, Lacci.

Domenico Starnone ci regala una storia emozionante e fortissima, il racconto di una fuga dal quotidiano, di un ritorno, di tutti i fallimenti, quelli che ci sembrano insuperabili e quelli che ci fanno compagnia per una vita intera.

Silvio Orlando, uno dei volti più amati del nostro cinema, è interprete di quel dubbio, quel quesito che attanaglia molti di noi: cosa siamo disposti a sacrificare, pur di non sentirci in trappola? E che cosa perdiamo quando torniamo sui nostri passi?

Niente è più radicale dell’abbandono, ma niente è più tenace di quei lacci invisibili che legano le persone le une alle altre.

Un uomo, una donna e la parabola di un drammatico e rabbioso naufragio matrimoniale.

«Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie». Si apre così la lettera che Vanda scrive al marito che se n’è andato di casa, lasciandola in preda a una tempesta di rabbia impotente e a domande che non trovano risposta.

Si sono sposati giovani all’inizio degli anni Sessanta per desiderio di indipendenza, ma poi attorno a loro il mondo è cambiato, e ritrovarsi a trent’anni con una famiglia a carico è diventato un segno di arretratezza più che di autonomia. Adesso lui se ne sta a Roma, innamorato della grazia lieve di una sconosciuta con cui i giorni sono sempre gioiosi; lei a Napoli con i figli, a misurare l’estensione del silenzio e il crescere dell’estraneità.

Che cosa siamo disposti a sacrificare, pur di non sentirci in trappola? E che cosa perdiamo quando scegliamo di tornare sui nostri passi?

Lacci è un affresco generazionale, un affondo amaro diretto alla società del boom economico, un’analisi disincantata della situazione contemporanea segnata da miseria materiale e morale. Una regia solida trasforma il dramma familiare in un’indagine umana dai tratti pirandelliani, chiamando lo spettatore alla ricerca di una verità sfuggente.
Laura Timpanaro – KLP