Nel dicembre del 2007, nell’acciaieria Thyssenkrupp di Torino si scatena un incendio in cui perdono la vita sette operai. Una tragedia che tocca nel profondo l’Italia intera in cui le morti bianche hanno smesso da tempo di fare notizia. La messinscena costruita in cinque blocchi mostra le due facce di ogni soggetto preso in esame, quello ufficiale (l’abito) e quello umano. Gli Operai, i Dirigenti, i Parenti delle vittime, tutti su di una grande giostra in cui il moto continuo svela i diversi volti “Yin-Jang” di ognuno. Chi guarda può percepire che la verità non è un qualcosa di univoco, ma di inafferrabile. Non si può, non si riesce a trovare una risposta. E la verità si trasforma in dubbio.

Siedo sulla schiena di un uomo soffocandolo, costringendolo a portarmi. E intanto cerco di convincere me e gli altri che sono pieno di compassione per lui e manifesto il desiderio di migliorare la sua sorte con ogni mezzo possibile. Tranne che scendere dalla sua schiena.
Lev Tolstoj

Quattordici vite spezzate. Sette morti, sette ancora vivi, ma segnati per sempre per non avere avuto il coraggio di dire No. Libertà, Giustizia, Futuro, Identità e Verità, tutti temi imbastiti con un filo sottile e poco resistente. Così si cuce il vestito dell’uomo contemporaneo, fragile, impaurito che vive nonostante tutto, ma incastrato, immobilizzato dalla Paura.