Archivio / Teatro

Lacci

Archivio / Teatro

Lacci

Niente è più radicale dell’abbandono, ma niente è più tenace di quei lacci invisibili che legano le persone le une alle altre.

Un uomo, una donna e la parabola di un drammatico e rabbioso naufragio matrimoniale.
«Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie». Si apre così la lettera che Vanda scrive al marito che se n’è andato di casa, lasciandola in preda a una tempesta di rabbia impotente e domande che non trovano risposta.
Si sono sposati giovani all’inizio degli anni Sessanta per desiderio di indipendenza, ma poi attorno a loro, il mondo è cambiato, e ritrovarsi a trent’anni con una famiglia a carico è diventato un segno di arretratezza più che di autonomia. Adesso lui se ne sta a Roma, innamorato della grazia lieve di una sconosciuta con cui i giorni sono sempre gioiosi; lei a Napoli con i figli, a misurare l’estensione del silenzio e il crescere dell’estraneità.
Che cosa siamo disposti a sacrificare, pur di non sentirci in trappola? E che cosa perdiamo quando scegliamo di tornare sui nostri passi?

Domenico Starnone ci regala una storia emozionante e fortissima, il racconto di una fuga, di un ritorno, di tutti i fallimenti, quelli che ci sembrano insuperabili e quelli che ci fanno compagnia per una vita intera.